Sentiero Bandito2023-03-27T15:47:05+00:00

Sentiero Bandito

Sentiero Bandito – Il video promozionale

Il progetto

Sentiero Bandito è un percorso escursionistico ideato e sviluppato dal Museo del brigantaggio di Cellere per collegare il museo al borgo di Pianiano, luogo natio del brigante Domenico Tiburzi.

L’itinerario ideato, puntualmente segnalato da indicazioni di direzione, si articola in complessive cinque tappe che, partendo dal museo, attraversa il parco del Timone toccando luoghi di interesse naturalistico, storico ed antropologico. Ciascuna delle tappe che compongono il Sentiero è stata teatro di racconti e approfondimenti tematici affidati a cinque narratori che, per esperienza o formazione, conoscono e frequentano da tempo il territorio cellerese. Le loro voci sono state documentate dal museo in un video-racconto, che sarà ora a disposizione del pubblico.
La lunghezza del percorso è di circa 4 km e l’intero itinerario, privo di particolari asperità, si percorre comodamente in un paio di ore di cammino.

Le Tappe di Sentiero Bandito

Prima Tappa: il Museo del brigantaggio di Cellere. Narratore: Marco D’Aureli – Direttore del museo
Seconda Tappa: il Parco del Timone. Narratore: Elena Ronca – Guida ambientale escursionistica
Terza Tappa: la Grotta di Tiburzi. Narratore Mario Olimpieri – Storico Locale
Quarta Tappa: il Mulino Manfroni. Narratore: Antonio Manfroni – Mulino Manfroni
Quinta Tappa: il borgo di Pianiano. Narratore: Marianna Febbi – Guida turistica

Scarica la mappa del percorso escursionistico

Sentiero Bandito – Prima Tappa: il Museo del brigantaggio di Cellere

Narratore: Marco D’Aureli – Direttore del museo

Un museo che offre una lettura antropologica del brigantaggio maremmano, un viaggio nell’immaginario tra fonti storiche e testimonianze contemporanee che ruotano attorno alla figura di Domenico Tiburzi.

Il Museo del brigantaggio di Cellere è un museo narrativo il cui allestimento ruota attorno alla figura di Domenico Tiburzi. Nato nella frazione di Pianiano nel 1836 e morto alle Forane di Capalbio nel 1896, Tiburzi, conosciuto anche come il Re del Lamone, rappresenta il modello stesso del brigante maremmano. Il museo si articola in due grandi sezioni principali. Il piano terra, tramite installazioni etnografiche, restituisce documenti di diversa natura risalenti al periodo compreso tra il 1893, anno del Processone di Viterbo, e il 1896. A fare da filo conduttore sono i brani tratti dal reportage giornalistico Nel regno di Tiburzi redatto da Adolfo Rossi. Si tratta di materiali che aiutano a pensare il modo in cui, negli anni stessi in cui il brigante era in azione, esso veniva immaginato e rappresentato. Il piano superiore offre ai visitatori uno spaccato delle storie e delle memorie contemporanee che, ancora oggi, a più di cento anni dalla sua morte, ruotano attorno alla figura del coì detto “giustiziere di Cellere”. Completa il percorso allestito una sezione nella quale si dà conto del successo del “marchio brigante” in ambito commerciale e di promozione del territorio.
Il Museo del brigantaggio intende offrirsi quale luogo di discussione e approfondimento attorno all’illegalismo che investì la maremma nella seconda metà del XIX secolo e ai temi ad esso collegati. Il percorso museale offre ai visitatori chiavi di lettura utili ad una approfondita interpretazione del paesaggio all’interno del quale i fatti raccontati si svolsero.

Sentiero Bandito – Seconda Tappa: il Parco del Timone

Narratore: Elena Ronca – Guida ambientale escursionistica

Un museo come quello del brigantaggio, e più in generale: qualsiasi museo etnografico, non si deve limitare a interpretare le proprie collezioni, ma deve suggerire chiavi di lettura del paesaggio nel quale è inserito. E cosa altro è, un paesaggio, se non uno spazio – immaginario, ma al tempo stesso concretissimo – plasmato dalle storie di chi lo ha vissuto, di chi lo ha attraversato e raccontato?

Il parco del Timone è situato a sud del Comune di Cellere Ospita una ampia varietà di specie vegetali e animali. Il Parco deve il suo nome al torrente Timone, affluente del fiume Fiora, che attraversa il suo territorio. Luogo di spiccata biodiversità, esso presenta caratteristiche connesse a diversi ambienti naturali. Il Sentiero Bandito per un lungo tratto lambisce il corso del torrente Timone. La spiccata presenza della ‘lenticchia d’acqua’ testimonia la particolare purezza delle sue acque. Molte delle specie vegetali che crescono spontaneamente in loco, e arricchiscono di varietà e colorazioni il sentiero, venivano utilizzate in passato per scopi alimentari e nella farmacopea popolare, testimoniando usi ormai quasi del tutto smarriti nella memoria collettiva del bosco e delle sue essenze. Il territorio del parco, oggi disabitato dall’uomo e mèta di appassionati di escursioni e trekking, un tempo risultava particolarmente antropizzato. Era luogo di pascolo per animali, di transito e sede di diverse attività produttive. L’abbandono, dovuto nel tempo al mutare delle esigenze economiche e sociali, ha comportato un forte rinselvatichimento dell’intera zona, caratteristica quest’ultima affine a molti paesaggi e boscaglie dell’intera area.

Sentiero Bandito – Terza Tappa: la Grotta di Tiburzi

Narratore: Mario Olimpieri – Storico Locale

Certi luoghi si somigliano. Di grotte è disseminata l’intera la Tuscia. Cavità naturali o antri scavati dall’uomo poi utilizzati e riutilizzati ininterrottamente per secoli. Ciò che li rende unici sono le storie che gli si sono sedimentate sopra. Non importa siano vere o meno. Basta che siano veramente raccontate. Le storie hanno il potere di plasmare l’immaginario.

La grotta della mercareccia, conosciuta anche come grotta di Tiburzi consiste, molto probabilmente, in una cavità naturale che nel corso del tempo ha subito molteplici interventi di allargamento e adeguamento ad opera dell’uomo, come testimoniano le tracce di scavo ancora visibili sulla volta e sulle pareti di roccia. L’intero territorio della Tuscia risulta disseminato di simili cavità, più o meno ancora in uso. Il nome con il quale la grotta è universalmente conosciuta e segnalata lascia immaginare che fosse un luogo deputato alla pratica della merca (marchiatura a fuoco di bovini allevati allo stato brado) o più in generale al riparo temporaneo di pastori e butteri. Non è da escludere che anche questa grotta abbia offerto ricovero o nascondiglio occasionale a Domenico Tiburzi e ad altri sodali della sua banda, trovandosi questo antro nel bel mezzo di quello che il giornalista Adolfo Rossi definì “il Regno di Tiburzi”. Il caratteristico doppio ingresso alla grotta dà luogo al suo interno, al variare dell’esposizione al sole, a suggestivi giochi di luce laddove la radiazione lambendo le pareti o il soffitto mette in evidenza le tracce materiche lasciate dagli strumenti da scavo.

Sentiero Bandito – Quarta Tappa: il Mulino Manfroni

Narratore: Antonio Manfroni – Mulino Manfroni

Anche la macchia parla, ha storie da raccontare. E lo fa nel linguaggio che gli è proprio. Lo sciabordio delle acque. Lo stormire delle fronde. Il tamburellare di un picchio. Il cigolio di una vecchia staccionata. E’ anche il paesaggio sonoro a conferire identità ai luoghi. 

Il mulino Manfroni costituisce un esempio di archeologia industriale. Attualmente risulta visibile ben poco dell’edificio originario, che cessata la sua funzione negli anni Cinquanta del Novecento ha subito un rapido processo di decadimento. Il Mulino sfruttava le acque del torrente Timone, debitamente incanalate, per la macinazione di cereali destinati al consumo delle famiglie celleresi. Lungo il percorso del Timone sono presenti altri mulini, alimentati anch’essi dall’energia idrica. In passato questi opifici, quando si trovavano nel pieno delle loro funzioni, erano mèta di assidua frequentazione da parte dei clienti, pertanto l’edificio risultava facilmente raggiungibile sia da carri sia da animali da soma. La presenza di questi manufatti testimonia di quanto nel passato la zona fosse considerevolmente dissimile da quanto oggi appare ai frequentatori del parco, essendo più un luogo di produzione e di attività lavorative che non un sentiero naturalistico da percorre per diletto e svago.

Sentiero Bandito – Quinta tappa: il borgo di Pianiano

Narratore: Marianna Febbi – Guida Turistica

Visto in avvicinamento, Pianiano sboccia come un fiore nel paesaggio. Un borgo è la mappa delle sue storie, che sono incise negli archi, nelle strade, nei lampioni. Un palinsesto di vite, di stagioni, di trasformazioni. Al cospetto delle mura di Pianiano, camminando tra i suoi vicoli o sostando nella piazzetta, facciamo la più pura esperienza del tempo passato.

Il borgo di Pianiano si presenta oggi come un solitario crocchio di abitazioni poste sulla sommità di una rupe tufacea. Il percorso di accesso all’insediamento al quale accompagna Sentiero Bandito attraversa una piccola e affascinate via cava. Il centro abitato ha origini antichissime e la sua storia ha visto nei secoli l’alternarsi di fasi di spopolamento e ripopolamento. Nel XVIII secolo fu Benedetto XIV a risollevare le sorti del piccolo paese, che nel corso del 1600, a causa della malaria, aveva subito un esodo totale della popolazione residente. Il papa offrì Pianiano a diverse famiglie di origine albanese provenienti da Scutari e scampate alle persecuzioni ottomane. Nella toponomastica locale ancora oggi è individuabile la traccia di questo passaggio storico. I residenti stabili di questo piccolo sito dedicano ad esso le più amorevoli cure ornandolo con innumerevoli piante e fiori, e fornendo ai visitatori, nel loro silenzioso accogliere, un calore e un’atmosfera sospesa nel tempo, nel percepibile incanto di tutto ciò che è stato e di quello che, ancora oggi è e sarà.

Sentiero Bandito – Il Video completo

Il video-racconto integrale dell’itinerario

Il cammino nasce per offrire al pubblico un’esperienza immersiva nei contesti e nelle storie illustrate lungo il percorso museale. Un progetto che esplicita la visione del museo come uno spazio all’interno del quale si possono compiere esperienze conoscitive, sia di natura estetica sia razionale, le quali, una volta usciti dalla “scatola”, si possono trasformare in opportunità di conoscenza del territorio e del paesaggio circostante.

L’itinerario ideato, puntualmente segnalato da indicazioni di direzione, si articola in complessive cinque tappe che, partendo dal museo, attraversa il parco del Timone toccando luoghi di interesse naturalistico, storico ed antropologico. Ciascuna delle tappe che compongono il Sentiero è stata teatro di racconti e approfondimenti tematici affidati a cinque narratori che, per esperienza o formazione, conoscono e frequentano da tempo il territorio cellerese. Le loro voci sono state documentate dal museo in un video-racconto, che sarà ora a disposizione del pubblico.

Realizzato con fondi del Ministero della cultura – Bando Piccoli musei, Sentiero bandito è stato prodotto grazie alla proficua collaborazione di diverse figure che operano nel settore della valorizzazione dei patrimoni culturali. Elena Ronca, guida escursionistica e ambientale dell’associazione Percorsi etruschi, che nell’ambito di una pluriennale collaborazione con il Museo è stata l’artefice della tracciatura del percorso. Simona Soprano, narratrice di comunità e comunicatrice culturale che ha curato il concept del progetto e del video-racconto, la grafica e la comunicazione del progetto. Francesco Saverio Russomanno, video maker autore delle riprese e regista dei video. Accanto a loro, in qualità di genius loci, Mario Olimpieri, storico locale, Antonio Manfroni, discendente della famiglia proprietaria degli omonimi mulini, e Marianna Febbi, guida turistica. L’intero progetto è stato coordinato e supervisionato da Marco D’Aureli, direttore del Museo del brigantaggio di Cellere.

La lunghezza del percorso è di circa 4 km e l’intero itinerario, privo di particolari asperità, si percorre comodamente in un paio di ore. Per affrontarlo si consiglia di dotarsi di adeguato abbigliamento e calzature.

Le Tappe di Sentiero Bandito
Prima Tappa: il Museo del brigantaggio di Cellere. Narratore: Marco D’Aureli – Direttore del museo
Seconda Tappa: il Parco del Timone. Narratore: Elena Ronca – Guida ambientale escursionistica
Terza Tappa: la Grotta di Tiburzi. Narratore Mario Olimpieri – Storico Locale
Quarta Tappa: il Mulino Manfroni. Narratore: Antonio Manfroni – Mulino Manfroni
Quinta Tappa: il borgo di Pianiano. Narratore: Marianna Febbi – Guida turistica

Sentiero bandito è una iniziativa promossa dal Museo del brigantaggio di Cellere, realizzata con il sostegno del MIC e in collaborazione con il Comune di Cellere, le associazioni Percorsi etruschi e Comunità narranti e la Pro Loco di Cellere.

Scarica la mappa del percorso escursionistico

Sentiero Bandito – Il video promozionale

Il progetto

Sentiero Bandito è un percorso escursionistico ideato e sviluppato dal Museo del brigantaggio di Cellere per collegare il museo al borgo di Pianiano, luogo natio del brigante Domenico Tiburzi.

L’itinerario ideato, puntualmente segnalato da indicazioni di direzione, si articola in complessive cinque tappe che, partendo dal museo, attraversa il parco del Timone toccando luoghi di interesse naturalistico, storico ed antropologico. Ciascuna delle tappe che compongono il Sentiero è stata teatro di racconti e approfondimenti tematici affidati a cinque narratori che, per esperienza o formazione, conoscono e frequentano da tempo il territorio cellerese. Le loro voci sono state documentate dal museo in un video-racconto, che sarà ora a disposizione del pubblico.
La lunghezza del percorso è di circa 4 km e l’intero itinerario, privo di particolari asperità, si percorre comodamente in un paio di ore di cammino.

Le Tappe di Sentiero Bandito

Prima Tappa: il Museo del brigantaggio di Cellere. Narratore: Marco D’Aureli – Direttore del museo
Seconda Tappa: il Parco del Timone. Narratore: Elena Ronca – Guida ambientale escursionistica
Terza Tappa: la Grotta di Tiburzi. Narratore Mario Olimpieri – Storico Locale
Quarta Tappa: il Mulino Manfroni. Narratore: Antonio Manfroni – Mulino Manfroni
Quinta Tappa: il borgo di Pianiano. Narratore: Marianna Febbi – Guida turistica

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Sentiero Bandito – Prima Tappa: il Museo del brigantaggio di Cellere

Narratore: Marco D’Aureli – Direttore del museo

Un museo che offre una lettura antropologica del brigantaggio maremmano, un viaggio nell’immaginario tra fonti storiche e testimonianze contemporanee che ruotano attorno alla figura di Domenico Tiburzi.

Il Museo del brigantaggio di Cellere è un museo narrativo il cui allestimento ruota attorno alla figura di Domenico Tiburzi. Nato nella frazione di Pianiano nel 1836 e morto alle Forane di Capalbio nel 1896, Tiburzi, conosciuto anche come il Re del Lamone, rappresenta il modello stesso del brigante maremmano. Il museo si articola in due grandi sezioni principali. Il piano terra, tramite installazioni etnografiche, restituisce documenti di diversa natura risalenti al periodo compreso tra il 1893, anno del Processone di Viterbo, e il 1896. A fare da filo conduttore sono i brani tratti dal reportage giornalistico Nel regno di Tiburzi redatto da Adolfo Rossi. Si tratta di materiali che aiutano a pensare il modo in cui, negli anni stessi in cui il brigante era in azione, esso veniva immaginato e rappresentato. Il piano superiore offre ai visitatori uno spaccato delle storie e delle memorie contemporanee che, ancora oggi, a più di cento anni dalla sua morte, ruotano attorno alla figura del coì detto “giustiziere di Cellere”. Completa il percorso allestito una sezione nella quale si dà conto del successo del “marchio brigante” in ambito commerciale e di promozione del territorio.
Il Museo del brigantaggio intende offrirsi quale luogo di discussione e approfondimento attorno all’illegalismo che investì la maremma nella seconda metà del XIX secolo e ai temi ad esso collegati. Il percorso museale offre ai visitatori chiavi di lettura utili ad una approfondita interpretazione del paesaggio all’interno del quale i fatti raccontati si svolsero.

Sentiero Bandito – Seconda Tappa: il Parco del Timone

Narratore: Elena Ronca – Guida ambientale escursionistica

Un museo come quello del brigantaggio, e più in generale: qualsiasi museo etnografico, non si deve limitare a interpretare le proprie collezioni, ma deve suggerire chiavi di lettura del paesaggio nel quale è inserito. E cosa altro è, un paesaggio, se non uno spazio – immaginario, ma al tempo stesso concretissimo – plasmato dalle storie di chi lo ha vissuto, di chi lo ha attraversato e raccontato?

Il parco del Timone è situato a sud del Comune di Cellere Ospita una ampia varietà di specie vegetali e animali. Il Parco deve il suo nome al torrente Timone, affluente del fiume Fiora, che attraversa il suo territorio. Luogo di spiccata biodiversità, esso presenta caratteristiche connesse a diversi ambienti naturali. Il Sentiero Bandito per un lungo tratto lambisce il corso del torrente Timone. La spiccata presenza della ‘lenticchia d’acqua’ testimonia la particolare purezza delle sue acque. Molte delle specie vegetali che crescono spontaneamente in loco, e arricchiscono di varietà e colorazioni il sentiero, venivano utilizzate in passato per scopi alimentari e nella farmacopea popolare, testimoniando usi ormai quasi del tutto smarriti nella memoria collettiva del bosco e delle sue essenze. Il territorio del parco, oggi disabitato dall’uomo e mèta di appassionati di escursioni e trekking, un tempo risultava particolarmente antropizzato. Era luogo di pascolo per animali, di transito e sede di diverse attività produttive. L’abbandono, dovuto nel tempo al mutare delle esigenze economiche e sociali, ha comportato un forte rinselvatichimento dell’intera zona, caratteristica quest’ultima affine a molti paesaggi e boscaglie dell’intera area.

Sentiero Bandito – Terza Tappa: la Grotta di Tiburzi

Narratore: Mario Olimpieri – Storico Locale

Certi luoghi si somigliano. Di grotte è disseminata l’intera la Tuscia. Cavità naturali o antri scavati dall’uomo poi utilizzati e riutilizzati ininterrottamente per secoli. Ciò che li rende unici sono le storie che gli si sono sedimentate sopra. Non importa siano vere o meno. Basta che siano veramente raccontate. Le storie hanno il potere di plasmare l’immaginario.

La grotta della mercareccia, conosciuta anche come grotta di Tiburzi consiste, molto probabilmente, in una cavità naturale che nel corso del tempo ha subito molteplici interventi di allargamento e adeguamento ad opera dell’uomo, come testimoniano le tracce di scavo ancora visibili sulla volta e sulle pareti di roccia. L’intero territorio della Tuscia risulta disseminato di simili cavità, più o meno ancora in uso. Il nome con il quale la grotta è universalmente conosciuta e segnalata lascia immaginare che fosse un luogo deputato alla pratica della merca (marchiatura a fuoco di bovini allevati allo stato brado) o più in generale al riparo temporaneo di pastori e butteri. Non è da escludere che anche questa grotta abbia offerto ricovero o nascondiglio occasionale a Domenico Tiburzi e ad altri sodali della sua banda, trovandosi questo antro nel bel mezzo di quello che il giornalista Adolfo Rossi definì “il Regno di Tiburzi”. Il caratteristico doppio ingresso alla grotta dà luogo al suo interno, al variare dell’esposizione al sole, a suggestivi giochi di luce laddove la radiazione lambendo le pareti o il soffitto mette in evidenza le tracce materiche lasciate dagli strumenti da scavo.

Sentiero Bandito – Quarta Tappa: il Mulino Manfroni

Narratore: Antonio Manfroni – Mulino Manfroni

Anche la macchia parla, ha storie da raccontare. E lo fa nel linguaggio che gli è proprio. Lo sciabordio delle acque. Lo stormire delle fronde. Il tamburellare di un picchio. Il cigolio di una vecchia staccionata. E’ anche il paesaggio sonoro a conferire identità ai luoghi. 

Il mulino Manfroni costituisce un esempio di archeologia industriale. Attualmente risulta visibile ben poco dell’edificio originario, che cessata la sua funzione negli anni Cinquanta del Novecento ha subito un rapido processo di decadimento. Il Mulino sfruttava le acque del torrente Timone, debitamente incanalate, per la macinazione di cereali destinati al consumo delle famiglie celleresi. Lungo il percorso del Timone sono presenti altri mulini, alimentati anch’essi dall’energia idrica. In passato questi opifici, quando si trovavano nel pieno delle loro funzioni, erano mèta di assidua frequentazione da parte dei clienti, pertanto l’edificio risultava facilmente raggiungibile sia da carri sia da animali da soma. La presenza di questi manufatti testimonia di quanto nel passato la zona fosse considerevolmente dissimile da quanto oggi appare ai frequentatori del parco, essendo più un luogo di produzione e di attività lavorative che non un sentiero naturalistico da percorre per diletto e svago.

Sentiero Bandito – Quinta tappa: il borgo di Pianiano

Narratore: Marianna Febbi – Guida Turistica

Visto in avvicinamento, Pianiano sboccia come un fiore nel paesaggio. Un borgo è la mappa delle sue storie, che sono incise negli archi, nelle strade, nei lampioni. Un palinsesto di vite, di stagioni, di trasformazioni. Al cospetto delle mura di Pianiano, camminando tra i suoi vicoli o sostando nella piazzetta, facciamo la più pura esperienza del tempo passato.

Il borgo di Pianiano si presenta oggi come un solitario crocchio di abitazioni poste sulla sommità di una rupe tufacea. Il percorso di accesso all’insediamento al quale accompagna Sentiero Bandito attraversa una piccola e affascinate via cava. Il centro abitato ha origini antichissime e la sua storia ha visto nei secoli l’alternarsi di fasi di spopolamento e ripopolamento. Nel XVIII secolo fu Benedetto XIV a risollevare le sorti del piccolo paese, che nel corso del 1600, a causa della malaria, aveva subito un esodo totale della popolazione residente. Il papa offrì Pianiano a diverse famiglie di origine albanese provenienti da Scutari e scampate alle persecuzioni ottomane. Nella toponomastica locale ancora oggi è individuabile la traccia di questo passaggio storico. I residenti stabili di questo piccolo sito dedicano ad esso le più amorevoli cure ornandolo con innumerevoli piante e fiori, e fornendo ai visitatori, nel loro silenzioso accogliere, un calore e un’atmosfera sospesa nel tempo, nel percepibile incanto di tutto ciò che è stato e di quello che, ancora oggi è e sarà.

Sentiero Bandito – Il Video completo

Il video-racconto integrale dell’itinerario

Il cammino nasce per offrire al pubblico un’esperienza immersiva nei contesti e nelle storie illustrate lungo il percorso museale. Un progetto che esplicita la visione del museo come uno spazio all’interno del quale si possono compiere esperienze conoscitive, sia di natura estetica sia razionale, le quali, una volta usciti dalla “scatola”, si possono trasformare in opportunità di conoscenza del territorio e del paesaggio circostante.

L’itinerario ideato, puntualmente segnalato da indicazioni di direzione, si articola in complessive cinque tappe che, partendo dal museo, attraversa il parco del Timone toccando luoghi di interesse naturalistico, storico ed antropologico. Ciascuna delle tappe che compongono il Sentiero è stata teatro di racconti e approfondimenti tematici affidati a cinque narratori che, per esperienza o formazione, conoscono e frequentano da tempo il territorio cellerese. Le loro voci sono state documentate dal museo in un video-racconto, che sarà ora a disposizione del pubblico.

Realizzato con fondi del Ministero della cultura – Bando Piccoli musei, Sentiero bandito è stato prodotto grazie alla proficua collaborazione di diverse figure che operano nel settore della valorizzazione dei patrimoni culturali. Elena Ronca, guida escursionistica e ambientale dell’associazione Percorsi etruschi, che nell’ambito di una pluriennale collaborazione con il Museo è stata l’artefice della tracciatura del percorso. Simona Soprano, narratrice di comunità e comunicatrice culturale che ha curato il concept del progetto e del video-racconto, la grafica e la comunicazione del progetto. Francesco Saverio Russomanno, video maker autore delle riprese e regista dei video. Accanto a loro, in qualità di genius loci, Mario Olimpieri, storico locale, Antonio Manfroni, discendente della famiglia proprietaria degli omonimi mulini, e Marianna Febbi, guida turistica. L’intero progetto è stato coordinato e supervisionato da Marco D’Aureli, direttore del Museo del brigantaggio di Cellere.

La lunghezza del percorso è di circa 4 km e l’intero itinerario, privo di particolari asperità, si percorre comodamente in un paio di ore. Per affrontarlo si consiglia di dotarsi di adeguato abbigliamento e calzature.

Le Tappe di Sentiero Bandito
Prima Tappa: il Museo del brigantaggio di Cellere. Narratore: Marco D’Aureli – Direttore del museo
Seconda Tappa: il Parco del Timone. Narratore: Elena Ronca – Guida ambientale escursionistica
Terza Tappa: la Grotta di Tiburzi. Narratore Mario Olimpieri – Storico Locale
Quarta Tappa: il Mulino Manfroni. Narratore: Antonio Manfroni – Mulino Manfroni
Quinta Tappa: il borgo di Pianiano. Narratore: Marianna Febbi – Guida turistica

Sentiero bandito è una iniziativa promossa dal Museo del brigantaggio di Cellere, realizzata con il sostegno del MIC e in collaborazione con il Comune di Cellere, le associazioni Percorsi etruschi e Comunità narranti e la Pro Loco di Cellere.

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