L’assassinio di Gabrielli

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L’assassinio di Gabrielli

Il 23 giugno 1890, a Pian di Maggio, alla presenza di due sotto fattori e di ottanta mietitori, Tiburzi fucilò Raffaele Gabrielli, fattore dei marchesi Guglielmi, sospettato di aver fatto la spia ai carabinieri.


Ma nonostante la severità delle punizioni, c’è sempre chi si rivela incauto, chi non soppesa in maniera adeguata la severità di “Domenichino”.
Uno di questi è Raffaello Gabrieli, 51 anni, nativo di Monte Romano, fattore del marchese Giulio Guglielmi. Gli dicono di avvertire i briganti circa una perlustrazione che i carabinieri hanno in animo di effettuare a Montauto nella giornata del 6 agosto 1889. E lui se ne dimentica, oppure omette volontariamente di fare l’ambasciata per dare la possibilità alle forze dell’ordine di concludere con successo l’operazione. Ne consegue che i militi di Capalbio Pietro Niccoli e Basilio Mondio, comandati dal brigadiere Sante Senserini, sorprendono il terzetto nel nascondiglio di Gricciano presso Montauto (Manciano) e, mentre Tiburzi e Fioravanti riescono a prendere il largo, Domenico Biagini, ormai prossimo alla sessantina, fiaccato dai disagi della lunga latitanza, cade nella trappola e ci lascia la vita (anche se su questa morte pesa il sospetto che sia avvenuta per arresto cardiaco e che i carabinieri abbiano sparato sul cadavere già freddo del “Curato”).
Comunque stiano le cose, i briganti superstiti, saputo il Comportamento del Gabrielli, decidono di agire come il caso merita. Il 22 giugno 1890 si recano a Pian di Maggio, nei pressi di Vulci, dove la vittima designata è intenta a vigilare la mietitura. Sono le sei e mezzo del mattino; e ottanta operai hanno appena sospeso il lavoro per la colazione. Essi si avvicinarono a quasi cinque passi e dissero al fattore:
«Vieni qua, vieni con noi.»
Il Gabrielli si alzò subito in piedi e li segui dicendo:
«Ma io non so niente.»
I due ripetevano sempre:
«Vieni, vieni!»
E quando ebbero fatto cinque o sei passi, il più vecchio diceva al Gabrielli:
«Ti ricordi del 6 agosto?»
E subito dopo gli sparò quasi a bruciapelo un colpo della doppietta che portava e il povero Gabrielli cadde fulminato. I due proseguirono verso la macchia e giunti all’estremità della medesima si voltarono indietro dicendo:
«Il primo che si muove è morto!»
Quindi si internarono nella macchia.
Tratto da: Alfio Cavoli, I briganti dell’ottocento nella maremma e nella Tuscia, 2001


Ecco come uno dei fattoretti, l’Amicizia, racconta la scena dell’uccisione del Gabrielli di cui è stato testimonio:
«Fino dal 18 giugno si stava a tagliare il grano nel latifondo di Pian di Maggio e la mattina del 22 con circa ottanta mietitori si lavorava nella località Pozzatelli, prossima a Pozzi Alti e alla macchia omonima. ll taglio era cominciato verso le quattro e mezzo del mattino. Verso le sei e mezzo si fece sospendere il lavoro per la colazione e mentre i mietitori sparsi a vari gruppi distanti da noi una sessantina di metri mangiavano, io, Gabrielli e Nicolai ci mettemmo per mangiare alla nostra volta un boccone in un fossato erboso a circa 40 metri dalla macchia.
S’era appena cominciato a mangiare quando provenienti dalla macchia vedemmo comparire innanzi a noi quasi improvvisamente, perché avevano seguito il terreno nella parte più accidentata, due persone vestite alla cacciatora, di fustagno sbiadito, con cappelli neri di panno molle e doppietta. Uno (Fioravanti) era un po’ più alto con barba crescente alquanto lunga, di colorito assai bruno; l’altro (Tiburzi) era alquanto più baso con barba intera non troppo lunga, brizzolata.
Essi si avvicinarono a quasi cinque passi da noi e dissero al fattore
– Vieni qua, vieni con noi! –
ll Gabrielli si alzò subito in piedi e li seguì dicendo:
– Ma io non so niente! –
l due ripetevano sempre:
– Vieni! Vieni! –
E quando ebbero fatto cinque o sei passi, intesi il più vecchio che diceva al Gabrielli:
– Ti ricordi del 6 Agosto? –
E subito dopo gli sparò quasi a bruciapelo un colpo della doppietta che portava e il povero Gabrielli cadde fulminato. l due proseguirono verso la macchia e giunti all’estremità della medesima si voltarono indietro dicendo:
– Il primo che si muove è morto! –
Quindi si internarono nella macchia. Spaventati, io e il mio compagno Nicolai eravamo nella impossibilità di muoverci, tanto era stato rapida e impensata la sventura. Rinvenuti alquanto dallo spavento, siamo corsi a mandare subito l’avviso del fatto accaduto. Nessuno dei mietitori, che stavano facendo colazione a sessanta o settanta metri, accorse, sebbene tutti avessero visto naturalmente ogni cosa e sentito il colpo del fucile.»
Secondo il Nicolai, le parole precise pronunziate da Tiburzi prima di uccidere Gabrielli sono state queste:
– Sangue della madonna, ti ricordi del 6 Agosto? –
Tratto da: Adolfo Rossi, Nel regno di Tiburzi, 1893


Omicidio Gabrielli

Ora che il responsabile stimorno
essere quel fattore conosciuto,
sono pronti a lavar l’onta e lo scorno
col sangue di colui ch’ebbe taciuto.
È giugno pieno e per i campi intorno
biondeggia il grano ritto ed il mietuto,
e per dar corso entrambi ai lor talenti
fissano a Pian di Maggio esser presenti.

Stavano i mietitori al pasto intenti
amabilmente tra loro parlando,
quand’ecco da una fratta i malviventi
sbucarono spavaldi minacciando.
E subito il fattor con crudi accenti
a sé chiamaro e quello vien tremando,
ché la doppietta già spianata vede
verso se stesso e lentamente incede.

“È bene che tu sappia che succede
ai traditori che non hano memoria”,
così dice Tiburzi indi procede
con un sol colpo a destinarlo in gloria.
Notizia del delitto presto eccede
di Maremma il confine, e la sua storia
vola veloce nella capitale,
chiedendo che dei due si estirpi il male.

Tratto da: Giuseppe Bellucci, Da Cellere a Capalbio.
Fatti e misfatti del brigante Domenico Tiburzi. Storia in ottava rima, 2017