Visita guidata con il direttore

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Elementi scenografici di forte impatto sono rappresentati dagli alberi e dal simulacro di treno che occupano questa parte centrale del piano terra. I primi evocano l’idea del bosco, della macchia: il luogo dove i briganti trovavano rifugio. Ma il bosco evoca anche l’idea della tradizione. Ciascun albero è dedicato ad un tema specifico e dai rami pendono foglietti come foglie che riportano stralci di documenti d’archivio. Il treno, invece, suggerisce una idea di modernità. Una modernità attesa e mai realizzata. Una modernità mancata in relazione alla quale è possibile leggere la nascita del brigantaggio maremmano.
È proprio a seguito della mancata realizzazione delle promesse che accompagnarono l’unificazione d’Italia che si costituì un gruppo di potere locale che decise di governare per proprio conto la maremma. Di questa specie di multiproprietà, composta da possessori nobili, grandi possidenti borghesi, Tiburzi, da un certo punto in poi della sua biografia, diventa il guardiano, il braccio armato pagato per mantenere ordine. Inscritto sul libro paga di questi signori locali, Tiburzi rappresentava al tempo stesso la possibile soluzione a problemi contingenti (piccoli furti, ma anche la manifestazione di prime forme di organizzazione dei lavoratori) e una fonte di preoccupazione per i proprietari, i quali rischiavano in prima persona. Il mancato versamento di quella che ormai tutti riconosco essere stata una vera e propria “tassa sul brigantaggio” comportava ritorsioni quali incendi o altre minacce.